domenica 12 ottobre 2008

Alla scoperta di Venturi

L'Associazione "Franco Venturi" di Avigliano, in collaborazione con la Biblioteca Nazionale di Potenza, organizza il convegno "Franco Venturi: un intellettuale oltre il confino".
Potremo, dunque, con il contributo del prof. Edoardo Tortarolo (uno dei massimi studiosi di Venturi), conoscere meglio le molteplici qualità umane, politiche e culturali dell'insigne intellettuale-partigiano che fu confinato ad Avigliano dal regime fascista dal 1941 al '43.
Elvi Argento (con il commento musicale di Pietro Santarsiero alla chitarra) leggerà alcuni brani scelti tra i numerosi scritti di Venturi, mentre Antonella Tatulli dirigerà il coro de "Il Tetracordo" che eseguirà alcuni canti partigiani.
Vi aspettiamo numerosi! (continua a leggere l'articolo...)

giovedì 31 luglio 2008

Ricordando Franco Venturi al confino in Avigliano

L'associazione "Franco Venturi" di Avigliano, in occasione dell'ottantesimo genetliaco del prof. Gennaro Claps, pubblica un suo articolo scritto generosamente per questo blog, cogliendo l'occasione per ringraziarlo pubblicamente per la lunga e preziosa attività di insegnamento, di studio e di ricerca, e formulandogli al contempo i più affettuosi e riconoscenti auguri da parte dell'intera comunità aviglianese.


La storiografia sulla Repubblica Napoletana del 1799 per lungo tempo è stata influenzata dall’interpretazione crociana; successivamente dalle correnti nazionalistiche e sociali. Ha trovato approdo, infine, in analisi più serene e obiettive, superando le impostazioni e le tentazioni ideologiche per cui la proclamazione di questa non può considerarsi solo un esito della Rivoluzione francese, ma l’effetto di un processo di lunga durata che affondava le radici nel secolo dei lumi e nella vivace vita culturale del Regno di Napoli quando la capitale brillava di vivida luce nell’Europa per merito della scienza e delle teorie riformatrici dei suoi filosofi.
Per tali ragioni, benché essa ebbe a costituirsi con l’intervento dell’armata francese del generale Championnet, tra lo scarso gradimento del Direttorio parigino, la repubblica partenopea rivendicò una propria originalità rispetto alle altre, istituite direttamente dai Francesi, in quanto si rivelò determinante il concorso di un’élite intellettuale, formatasi alla cultura dell’Illuminismo e alla scuola del Vico, del Giannone, del Genovesi, del Delfico, del Galiani, del Filangieri e di altri illustri pensatori.
La storiografia nazionale e internazionale, nell’occuparsi dei “fatti di Napoli del 1799”, ha, infatti, giustamente collegato la formazione dei fautori della Rivoluzione partenopea alle concezioni filosofiche di quel Settecento riformatore, che troverà in Franco Venturi uno dei più grandi e autorevoli studiosi.
Si ritiene che lo storico torinese abbia meditato e approfondito gli studi sull’Illuminismo nella quiete degli anni del confino trascorso in Avigliano, dal 1941 al 1943 allorché,il 26 luglio, il giorno successivo alla caduta del fascismo, si allontanò arbitrariamente dalla sua sede con Manlio Rossi-Doria, suo compagno d’internamento, per entrare nelle file della Resistenza.
L’esistenza del Venturi, fin dalla prima gioventù, è legata alla storia dell’antifascismo, quando, ancora studente, venne arrestato a Torino nel 1933 per attività antifascista. Torna, perciò, opportuno il richiamo ad alcune note biografiche per lumeggiare, con i suoi interessi culturali, anche la sua concezione politica.
Nacque a Roma il 16 maggio 1914 in una famiglia di elevati livelli accademici e, ben presto, si trasferì a Torino che divenne sua patria d’elezione. Il nonno, Adolfo Venturi, era stato il fondatore della moderna storiografia artistica ed occupò la prima cattedra di Storia dell’Arte in Italia, istituita dal ministro della P. I., Emanuele Gianturco. Nominato Senatore del Regno, tenne l’insegnamento universitario a Roma fino al collocamento a riposo. Gli subentrò il figlio Lionello, padre di Franco, che con grande merito continuò l’insegnamento paterno.
Nel 1932 Lionello Venturi, con altri dieci cattedratici, rifiutò il giuramento di fedeltà al regime fascista, lasciò la capitale ed emigrò in Francia, stabilendosi a Parigi, dove continuò i suoi studi e pubblicò opere di grande rilievo sull’Arte moderna, tra cui il monumentale Cézanne (1936) e le preziose Archives de l’impressionnisme.
Il giovane Franco,uscito dal carcere torinese, decise di raggiungere il padre nella capitale francese, appassionandosi alle ricerche storiche e seguendo la scuola di noti Maestri, come D. Mornet, H. Hauser, P. Renouvin, e quella degli intellettuali italiani che tennero vivo l’insegnamento liberale e del socialismo liberale: B. Croce, G. Salvemini, C. Rosselli e A. Garosci...

Nel 1939 pubblicò in francese il saggio La giovinezza di Diderot che, accompagnato dalla scoperta di inediti diderottiani, aprì la strada alla rivalutazione e alla ripresa degli studi intorno alla figura del filosofo francese.

Ebbe assidui contatti con i fuoriusciti italiani dell’antifascismo: Nicola Chiaromonte, Veniero Spinelli, Emilio Lussu, Alberto Cianca, Aldo Garosci e Carlo Levi. Aderì al movimento di «Giustizia e Libertà» e collaborò con Carlo Rosselli.
Alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, nel 1939, il padre si trasferì negli Stati Uniti e invitò il figlio a seguirlo. Franco rimase, invece, a Parigi fino all’ingresso e all’occupazione della capitale da parte delle truppe tedesche.
Internato in un campo di concentramento con altri antifascisti italiani, nel 1940 riuscì ad evadere e a varcare i Pirenei, nel tentativo di raggiungere il neutrale Portogallo e imbarcarsi per gli U.S.A.
Arrestato dai militari franchisti, dopo un anno di reclusione, fu rimpatriato e consegnato al governo italiano che lo confinò a Monteforte Irpino, in provincia di Avellino. Dopo pochi giorni, il 24 maggio del ’41, venne trasferito ad Avigliano, un paese dell’interno di una regione remota, priva di comunicazioni e in grave stato di arretratezza, ritenuta ottimale per isolare e “rieducare” gli avversari del regime fascista.
Trascorse i primi giorni nella Locanda di Domenico Viggiano. Troverà ben presto una sistemazione di suo gradimento in una pigione privata, presso la signora M. Giovanna Lorusso, in via Orlando n. 3, nel centro storico dell’abitato.
Nel silenzio e nella pace del vicolo dove era ubicata l’abitazione, il giovane confinato alternava le sue ore di studio con qualche lezione privata a uno studente del posto, Angelo Verrastro che gli fece conoscere il fratello universitario Vincenzo e altri amici, con i quali strinse rapporti di amicizia. Nella bella stagione effettuava passeggiate e soste nei giardini della villa del Monastero, intrattenendosi nella lettura di un libro. Nelle invernate nevose riprese l’esercizio dello sport preferito, sciando per le pendici del Monte Carmine.
I due anni trascorsi in Basilicata furono più che positivi per lo studioso torinese sia per la possibilità che gli fu concessa di condurre gli amati studi sia per le esperienze e le amicizie che ebbe a maturare in un ambiente aperto, ospitale e non privo di stimoli culturali.
Infatti, accanto ai numerosi internati in Avigliano per motivi politici e razziali, presto farà la conoscenza di Manlio Rossi-Doria, quando, lo studioso di Scienze Agrarie venne qui trasferito da Melfi con la sua famiglia, nel maggio 1942.
Tra i due andrà a stabilirsi un forte sodalizio, agevolato non soltanto dalla comune condizione di antifascisti, bensì dalle affinità delle idee politiche, essendo anche il Rossi-Doria aderente al movimento di «Giustizia e Libertà».
Il professore di Agraria, maggiore di età e con più vasta esperienza politica del giovane Venturi, oltre che conoscitore della Basilicata, era in stretto contatto con gli esponenti dell’antifascismo in clandestinità.
Con il pretesto del ricorso a un odontoiatra per curare le carie dentarie, a volte insieme, altre, individualmente, i due confinati riuscivano a recarsi a Potenza, e nei posti convenuti incontravano i messaggeri del movimento clandestino di opposizione al regime.
Erano allora in corso le discussioni sul federalismo europeo. Gli scambi epistolari e i contatti del prof. Rossi-Doria con Ugo La Malfa e Lelio Bassi venivano assicurati da elementi di sesso femminile, per non destare sospetti.
In modo particolare, da Ursula, la moglie di Eugenio Colorni, ebreo antifascista confinato a Melfi che, talvolta, partecipava agli incontri potentini con i due internati di Avigliano, e da Ada Rossi. Erano queste i due “fenicotteri”, un eufemismo adoperato dall’economista agrario per indicare i corrieri che curavano la consegna della corrispondenza.
Così trascorreva la vita del Venturi ad Avigliano, in un clima sereno, tra prudenti scambi di vedute e ipotesi di progetti, nell’ospitale abitazione dell’amico antifascista. Nell’inverno del 1942-43, Rossi-Doria aderì al clandestino Partito d’Azione.
Alle loro discussioni, spesso, erano presenti, sfidando il pericolo di una denuncia, anche i giovani amici aviglianesi, di fronte ai quali s’aprivano prospettive politiche prima del tutto ignote.
Grazie alla solidarietà di questi giovani, degli artigiani e dei lavoratori anziani, socialisti di antica data, assai vicini ai due confinati, essi potettero superare le difficoltà che erano insorte a causa della rarefazione dei viveri razionati di prima necessità, allorché gli eventi bellici precipitarono e le autorità cittadine non riuscivano più ad approvvigionare con regolarità i negozi alimentari.
Per questa discreta “cortina protettiva” i due confinati riuscirono a sopravvivere e a continuare le ricerche e gli studi che conducevano: il Venturi sull’Illuminismo italiano ed europeo e il prof. Rossi-Doria sulla riforma dell’agricoltura meridionale.
La loro fuga fu favorita da un cugino del Venturi, agronomo in un’azienda del Tavoliere della Puglia, che venne a rilevarli con una macchina e a trasferirli a Roma in casa Comandini, in via Flaminia, dove si alternavano le riunioni del Partito d’Azione con quelle degli altri antifascisti, e con Picardi, ministro del governo Badoglio, succeduto a Benito Mussolini. Entrati nella clandestinità, i due amici antifascisti, poco dopo, si separeranno.
Il Venturi ritornato a Torino, prese parte attiva alla Resistenza, fondando il quotidiano “Giustizia e Libertà”, organo del Partito d’Azione, e redigendo stampati e messaggi che venivano distribuiti ai partigiani impegnati nella lotta contro i fascisti della Repubblica di Salò e i militari tedeschi.
Con la fine della guerra, Franco Venturi tornerà a pieno tempo ai diletti studi, relegando le esperienze politiche vissute e la memoria del suo soggiorno ad Avigliano tra i ricordi più significativi della sua vita.
Nel 1945 conseguì una laurea alla Sorbona, discutendo la tesi sul riformatore piemontese F. Dalmazzo Vasco. Nel 1946 pubblicò Le origini dell’Enciclopedia, nel 1947 un libro su N. A. Boulanger, e nel 1948 il saggio Jean Jaurés e altri storici della rivoluzione francese.
Nel corso del 1948 si trasferì a Mosca come addetto culturale dell’Ambasciata italiana e si dedicò a studiare l’Ottocento russo. Poi, nel 1952 dette alle stampe il volume Il populismo russo.
Rientrato in Italia abbracciò la carriera accademica, occupando la cattedra di Storia medioevale e moderna all’Università di Cagliari, indi si trasferì a quella di Genova, e, infine, fu ordinario di Storia moderna a Torino, dedicandosi in modo sistematico agli studi avviati in passato sull’Illuminismo e sui moti riformatori in Italia e in Europa.
Nel 1984 fu nominato socio dell’Accademia dei Lincei. Dal 1959 sino al 1994, anno della sua scomparsa, ha ricoperto l’incarico di direttore della “Rivista storica italiana”.
Tra le tante sue opere, è da ricordare il Settecento riformatore, in cinque volumi e sette tomi, editi dalla Einaudi di Torino dal 1969 al 1990.
Alla cultura del Mezzogiorno dedicò il volume I riformatori napoletani, nell’edizione Riccardo Ricciardi, Milano-Napoli, 1962, nel quale, indagando sul Settecento meridionale, mise in luce il movimento innovativo dei nostri filosofi, in una visione che andava oltre il Regno di Napoli e si rispecchiava nei tratti più avanzati e significativi della stessa cultura europea.
Nel 1996 l’Editrice Einaudi ha pubblicato La lotta per la libertà, una raccolta postuma degli scritti politici giovanili di Franco Venturi, in cui, degno di menzione è un saggio risalente al 1943 nel quale l’Autore lamenta come, dopo il 25 luglio, con la caduta del fascismo, le forze politiche antifasciste furono alquanto emarginate dai governi conservatori in carica, sia pure provvisori, che non consentirono subito una svolta per rivoluzionare il vecchio Stato. A guerra finita, andò, invece, a consolidarsi un clima di restaurazione. Ciò rappresentò - a suo dire - per la forze democratiche un’occasione perduta.
Lo studioso torinese, rammentando, infatti, il ciclone bellico che aveva sconvolto il vecchio Continente, concludeva il suo saggio con queste profetiche parole:
«Nessuno degli Stati europei ha resistito in questa bufera; hanno resistito e trionfato grandi agglomerati e imperi come la Russia e l’Inghilterra, ma nessun altro ha retto: né Germania né Francia né Polonia, né Iugoslavia. Lo Stato italiano non avrà il meschino privilegio degno di Franco, (Francisco Franco, il caudillo della Spagna - n.d.r.) di sopravvivere anche soltanto un giorno alla fine della tragedia. Anche noi se rinasceremo, rinasceremo in Europa. E’ giusto che fosse così».
Franco Venturi aveva intravisto fin dal 1943 la “morte della patria” e i rigurgiti dei localismi che si manifestano oggi. Ci consola, però, che il suo auspicio si stia avverando e che, presto, andremo a realizzare un’Europa, non solo economicamente, ancorché politicamente integrata.
Intanto, si pone l’interrogativo, se non sia il caso che la nostra comunità, nel ricordo dell’ospitalità e della generosità espressa a tutti i confinati politici e agli internati dal regime fascista, non si debba manifestare un segno tangibile per eternare la memoria di quanti soffrirono per gli ideali di libertà, in particolare per Franco Venturi, uno dei più grandi storici del Novecento, e per Manlio Rossi-Doria, illustre economista e meridionalista, verso il quale si nutrono anche debiti di riconoscenza per l’opera svolta, in seguito, a favore di Avigliano e delle nostre popolazioni rurali.
Gennaro Claps


Nota
Per una più esauriente cronaca del confino di Franco Venturi e Manlio Rossi-Doria in Basilicata si suggerisce la lettura del fortunato volumetto, edito nel 2005 da Gennaro Claps: «Avigliano - Terra di confino - Memorie e testimonianze», Pisani Editore, Avigliano (PZ) da cui è tratta l'immagine pubblicata, che ritrae Franco Venturi durante il confino in Avigliano.
(continua a leggere l'articolo...)

venerdì 11 luglio 2008

Regolamento Urbanistico: un silenzio assordante

A distanza di circa quattro mesi dall’incontro pubblico sul Regolamento Urbanistico di Avigliano, organizzato dall’Associazione Franco Venturi, tutto rimane ancora avvolto nel silenzio più assoluto.
La manifestazione era stata promossa con l’intento di conoscere le strategie dell’Amministrazione comunale in merito ai futuri processi di sviluppo: tuttavia, anche in quella circostanza, a causa di (quantomeno sospetti) motivi tecnici, non si è riusciti - ancora una volta - a conoscere quali siano le direttive politiche alla base dell’elaborazione del RU né, tantomeno, i suoi contenuti.
Il rilevante numero di cittadini convenuti all’incontro ha dimostrato come il bisogno di conoscenza su temi fondamentali per l’intera comunità, come la pianificazione urbanistica, sia un fattore assolutamente avvertito in chiave di democrazia partecipata: sono questi cittadini che attendono risposte dall’Amministrazione, che siano coerenti con le finalità della Legge Urbanistica Regionale. Nel frattempo.... .


...(e ciò lo si è fatto notare anche in quella sede pubblica senza, tuttavia, ricevere alcuna esauriente risposta), in seguito dell’entrata in vigore di misure limitative dell’attività edilizia previste dalla normativa regionale, nel nostro Comune è ora possibile realizzare solo interventi di manutenzione ordinaria/straordinaria, di restauro e risanamento conservativo per l’edificato esistente, con rilevanti restrizioni per le nuove costruzioni, con ciò assumendosi - l'Amministrazione comunale - una grave responsabilità politica.
Si è svegliata con un certo ritardo anche l’opposizione che si è accorta (finalmente!) della fase di stallo delle politiche urbanistiche comunali: sinistramente (sic!) significativo, invece, appare il silenzio del Partito Democratico.
Intanto, apprendiamo dagli organi di stampa che è stato firmato un Documento di Sintesi relativo al Piano Strutturale Metropolitano e, ancora una volta, si rileva come sia mancata qualsiasi discussione in merito: si continua, dunque, a procedere in maniera confusa e disomogenea, sommando interventi sporadici ed isolati a proposte più o meno realistiche.
Mancando una visione complessiva della pianificazione del nostro Comune, ci appare venir meno una strategia organica di intervento, idonea a rilanciare le opportunità di sviluppo del nostro territorio.
Ad oggi, al cittadino aviglianese ancora non è dato sapere come l’Amministrazione comunale intenda portare a soluzione tutte le questioni urbanistiche ancora irrisolte che abbiamo sollevato anche nel corso dell’incontro pubblico, e quali strategie siano state messe in campo per chiudere in tempi brevi questo lungo e faticoso processo di pianificazione.
Stiamo ancora aspettando una presentazione ufficiale e pubblica della documentazione del RU presentata in sede di Conferenza di Pianificazione.
Peppino Vaccaro, Donato Gerardi
(continua a leggere l'articolo...)

mercoledì 26 marzo 2008

De "porcello"

Cambiare la legge elettorale: una priorità per il Parlamento. Infatti, dopo due anni di parole inutili, il 13 e 14 aprile si tornerà a votare con la stessa legge con la quale fu “eletto” (e le virgolette sono d’obbligo) il Parlamento appena sciolto, con largo anticipo sulla sua scadenza naturale. Effetto della fragilità e delle divisioni della coalizione che ottenne una risicata maggioranza, ma soprattutto effetto perverso di un sistema elettorale fatto apposta per creare ingovernabilità. E’ la legge 270/2005, più comunemente nota, dalla definizione che ne diede il suo stesso autore, come “Porcellum”, legge approvata sul finire della penultima legislatura a maggioranza dal governo di centrodestra, compresa la ex Alleanza Nazionale che poi avrebbe raccolto le firme per i referendum abrogativi di parti essenziali di questa legge, e con l’ occhio benevolo da parte di un centrosinistra che non cercò in alcun modo di ostacolare o quanto meno di rallentare il cammino della legge. Tecnicamente, si tratta di un sistema proporzionale, con una serie di soglie di sbarramento, che dovrebbero in teoria servire per evitare o almeno limitare la frammentazione; e di premi di maggioranza, il cui scopo dovrebbe essere quello di garantire, al partito o alla coalizione vincente, un numero di seggi sufficiente a dar vita ad un governo stabile. Effetti, entrambi, completamente mancati. Proviamo allora a capire come funziona, o non funziona, il “Porcellum”.

Camera dei Deputati
I 618 seggi in palio (cui vanno aggiunti i 12 assegnati alla Circoscrizione Estero) vengono attribuiti con metodo proporzionale. Il partito o la coalizione di partiti che prende anche solo un voto in più degli altri, ottiene 340 seggi, ovvero il 53% del totale, così da avere a disposizione una maggioranza sufficiente. Per accedere alla ripartizione dei seggi, tuttavia, occorre superare le soglie di sbarramento previste sia per i partiti che si presentano singolarmente, sia per quelli coalizzati.

- Coalizioni
Possono accedere alla ripartizione dei seggi solo le coalizioni che su scala nazionale abbiano conseguito almeno il 10% dei voti, e sempre che, all’interno della coalizione, almeno una delle liste abbia ottenuto il 2%. Tutte le liste facenti parte della coalizione, sia essa quella vincente o meno, che abbiano superato la soglia del 2% (e quelle che rappresentano minoranze linguistiche nelle Regioni a Statuto speciale) partecipano alla ripartizione dei seggi. Ad esse, si aggiunge la lista, fra quelle che non hanno raggiunto la soglia, che più vi si è avvicinata. Se la coalizione non raggiunge il 10%, i partiti che ne fanno parte possono comunque accedere alla ripartizione dei seggi secondo le norme previste per i partiti non coalizzati.

- Partiti non coalizzati
Possono accedere alla ripartizione dei seggi solo i partiti che su scala nazionale abbiano conseguito almeno il 4% dei voti. Ad essi, nelle Regioni a Statuto speciale, si aggiungono le liste rappresentative di minoranze linguistiche.


Senato della Repubblica
I 309 seggi in palio (cui vanno aggiunti i 12 assegnati alla Circoscrizione Estero) vengono attribuiti con metodo proporzionale. Le norme sono le stesse vigenti per la Camera. Tuttavia, dal momento che l’articolo 57 della Costituzione prevede che il Senato sia eletto su base regionale, non viene assegnato come alla Camera un unico premio di maggioranza, bensì più premi di maggioranza per quante sono le Regioni. Fanno ovviamente eccezione la Val d’Aosta, che elegge un solo senatore; il Molise che ne elegge 2; ed il Trentino Alto Adige, in cui 6 senatori vengono eletti in collegi maggioritari uninominali (con il metodo detto del “Plurality system”, ovvero: chi prende anche un solo volto più degli altri è eletto, mentre il settimo è eletto, come nella legge precedentemente in vigore, con un sistema proporzionale e con lo “scorporo”. Per accedere alla ripartizione dei seggi (il cui numero varia da Regione a Regione) occorre anche qui superare delle soglie di sbarramento previste sia per i partiti che si presentano singolarmente, sia per quelli coalizzati.

- Coalizioni
Possono accedere alla ripartizione dei seggi solo le coalizioni che su scala regionale abbiano conseguito almeno il 20% dei voti, e sempre che, all’interno della coalizione, almeno una della liste abbia ottenuto il 3%. Tutte le liste facenti parte della coalizione, sia essa quella vincente o meno, che abbiano superato la soglia del 3% partecipano alla ripartizione dei seggi. Se la coalizione non raggiunge il 20%, i partiti che ne fanno parte possono comunque accedere alla ripartizione dei seggi secondo le norme previste per i partiti non coalizzati.

- Partiti non coalizzati
Possono accedere alla ripartizione dei seggi solo i partiti che su scala regionale abbiano conseguito almeno l'8% dei voti.


SISTEMA DI RIPARTIZIONE DEI SEGGI
Viene utilizzato quello dei quozienti naturali e dei più alti resti:
1) si divide la somma dei voti, sia delle coalizioni sia delle singole liste, per il numero dei seggi e si ottiene così il quoziente elettorale nazionale;
2) si divide il numero dei voti di ciascuna coalizione o singola lista per il quoziente, e si ottiene il numero dei seggi da assegnare a ciascuna coalizione o lista;
3) i seggi che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati alle coalizioni o alle liste per le quali le divisioni hanno dato i maggiori resti o, in caso di parità di resti, a quelle che abbiano conseguito il maggior numero di voti;
4) si procede al riparto dei seggi all’interno di ciascuna coalizione tra le liste che abbiano raggiunto la soglia del 2 per cento dei voti validi, quelle "sotto soglia" ma rappresentative di minoranze linguistiche e quella qualificabile come "migliore lista sotto soglia", utilizzando lo stesso sistema.

CHI VIENE ELETTO
All’interno di ciascuna circoscrizione sono proclamati eletti i candidati compresi nelle liste secondo l'ordine di presentazione. E’ l’effetto di quella che viene definita “lista bloccata”, ovvero una lista di candidati all’interno della quale l’elettore non può dare alcun voto di preferenza. Sono cioè i partiti a decidere chi sarà eletto, inserendo i candidati in una posizione più alta o più bassa all’interno della stessa lista. Il potere di scelta (o imposizione) dei partiti viene poi accentuato dalla possibilità offerta a ciascun candidato di presentarsi in più circoscrizioni, optando poi, dopo l’elezione, per l’una o per l’altra. Questo, proprio grazie al gioco delle opzioni, permetterà ai partiti di far rientrare candidati “fedeli” inizialmente non eletti, magari a scapito di altri meno controllabili.

EFFETTI
Se il premio di maggioranza previsto su scala nazionale consente ad un partito o ad una coalizione di ottenere una maggioranza certa alla Camera dei Deputati, il frazionamento dei premi di maggioranza su scala regionale ha effetti perversi sul Senato, come si è visto nell’ultima Legislatura. Qui, infatti, i premi di maggioranza in palio nelle diverse regioni possono essere assegnati a coalizioni differenti, a seconda degli esiti del voto nelle diverse aree geografiche, creando un effetto di compensazione che può portare alla nascita di una maggioranza numericamente minuscola nella Camera Alta. Inoltre, diventa anche possibile arrivare ad una situazione nella quale una lista o coalizione ottenga un numero di voti maggiore della altre ma, proprio per il diverso peso dei premi in palio, finisca per avere un numero di seggi inferiore. Tutto ciò rischia di compromettere, come accaduto negli ultimi due anni, la governabilità. Anche sul piano della frammentazione, il “Porcellum” non ha effetti pratici. Le soglie di sbarramento previste sono estremamente basse, a ciò si aggiunga la possibilità di recupero per le liste cosiddette “sotto soglia”, ovvero che non raggiungono la soglia di sbarramento ma che risultato, per usare il gergo dell’atletica leggera o del nuoto, le migliori delle eliminate, e si comprende come gli effetti sul frazionamento del sistema sono notevoli.
Giancarlo Tedeschi
(continua a leggere l'articolo...)

venerdì 7 marzo 2008

lunedì 18 febbraio 2008

Il Segretario che verrà

Il prossimo 26 febbraio il PD di Avigliano si accinge ad eleggere il proprio Segretario scelto all’interno del Coordinamento di Circolo.
A differenza di quanto avvenuto a livello nazionale, dove il Segretario è stato eletto col sistema delle primarie, a livello locale saranno i “delegati” ad eleggere il massimo rappresentante.
Alla vigilia di questo appuntamento vorrei fare alcune riflessioni circa il profilo che tale figura dovrebbe avere (a mio parere), per dare maggiore risalto a quelli che sono i contenuti innovativi di questo processo politico avviato con la creazione del Partito Democratico.
Aldilà dei riferimenti nazionali, che vengono a definirsi avvicinandoci alla scadenza elettorale, vorrei soffermarmi sulle questioni prettamente locali.
Voler creare un nuovo partito presuppone uno sforzo capace di identificare una persona in grado di rappresentare una forte spinta di discontinuità e nello stesso tempo portare a sintesi le spinte che provengono, in maniera sempre più forte, dalla società civile.
Ci vorrebbe una persona capace di:
1. ascoltare le istanze e le proposte che provengono dalla società civile;
2. spezzare la tendenza all’autoreferenzialità della classe politica;
3. distinguere nettamente l’attività amministrativa dall’attività politica di un partito;
4. fare della trasparenza dell’attività politica e amministrativa il punto qualificante dell’azione del PD, attivando e potenziando gli strumenti di informazione;
5. rimuovere gli ostacoli alla partecipazione dei cittadini alle decisioni dell’Amministrazione;
6. acquisire autonomia decisionale rispetto alle scelte politiche da attuare nel nostro territorio, evitando di avallare decisioni già prese in altre sedi;
7. coinvolgere gli iscritti e i simpatizzanti a scegliere i propri rappresentanti mediante un uso sistematico degli strumenti di partecipazione attiva, come le primarie;
8. promuovere momenti di discussione su tematiche qualificanti, attraverso forum in grado di coinvolgere anche persone esterne al PD, cercando però di dare reale attuazione alle decisioni scaturite da tali confronti;
9. puntare al rinnovamento della classe politica, evitando di creare politici di “professione”;
10. ……….
Credo che all’interno del Coordinamento del Circolo di Avigliano ci siano persone capaci ed autorevoli, in grado di dimostrare di possedere alcune (o tutte) delle qualità elencate. Spero che questo momento importante per la nascita del PD ad Avigliano sia vissuto con la consapevolezza di dare un segnale preciso e chiaro ai cittadini, evitando di assuefarsi all’idea che non “c’è mai tempo” per decidere diversamente, rimandando sempre tutto a momenti migliori!

Peppino Vaccaro
(continua a leggere l'articolo...)

giovedì 31 gennaio 2008

Risultati assemblee costituenti provinciale e locale del PD ad Avigliano

Con qualche difficoltà di troppo, pubblichiamo i risultati (tuttora incompleti ed in attesa di ufficialità) relativi all'elezione delle assemblee costituenti provinciale e comunale del Partito Democratico tenutasi il 27 gennaio 2008.



(continua a leggere l'articolo...)

giovedì 24 gennaio 2008

Forse riformare non basta

Riceviamo e pubblichiamo con piacere un contributo dell'amico Massimiliano Onorato che ci segue dagli USA, e che non manca di tener d'occhio questioni... d'oltreoceano.


Cari amici dell'Associazione Franco Venturi,
colgo l'occasione innanzitutto per inviare un affettuoso saluto a tutti voi dalla gelida Boston.
Mi fa poi piacere segnalare a quanti non l'avessero letto un articolo del Prof. Tabellini - ordinario di Economia Politica presso la Bocconi - pubblicato sul Sole 24 Ore.
Credo che la questione di fondo che esso solleva e che condivido appieno sia quella dello "sconcertante" scollamento - ancora più manifesto in queste ore così concitate e confuse della politica nazionale - fra la classe dirigente e la realtà socio-economica del nostro Paese, della complessiva incapacità (salve benemerite eccezioni) ad affrontare quelle questioni "ataviche" che lentamente stanno soffocando il nostro Paese.
Il Prof. Tabellini nei suoi articoli e saggi accademici (tutti di rilevanza internazionale) ha sempre sostenuto "illuministicamente" - come egli stesso scrive - che aggiustamenti istituzionali (come leggi elettorali, forme di governo etc.) possano contribuire a far funzionare bene la politica e a correggerne o quantomeno attenuarne le inevitabili storture. Per questo mi colpisce ancor di più la sua conclusione - oserei dire fra lo sconsolato e l'arrabbiato - che cambiamenti istituzionali possano valere a poco nel caso italiano e che forse sarebbe opportuno e necessario un totale e radicale cambiamento della classe dirigente italiana.
Del resto, scriveva nel lontano 1946 Guido Dorso - fra i più interessanti studiosi della questione meridionale ed esponente del Partito d'Azione - che "il tema più affascinante di tutta la questione meridionale è costituito dallo studio delle origini, della struttura e delle possibilità di rinnovamento della classe dirigente del Mezzogiorno".
Credo che queste considerazioni siano di estremo interesse non solo per comprendere le cause del divario che separa ancor'oggi il Sud dal Nord del Paese, ma che semplicemente sostituendo la parola meridionale con quella italiana siano molto illuminanti per capire altresì le radici e le possibili evoluzioni future di quella che agli occhi dei più attenti osservatori nazionali e internazionali appare la "questione italiana".
Cordiali saluti,
Massimiliano
(continua a leggere l'articolo...)

sabato 12 gennaio 2008

Statuto Comunale di Avigliano e istituti di partecipazione popolare

Il testo di questo articolo (già pubblicato su “Il Laboratorio”) è una libera sintesi dell’intervento dell’avv. Domenico Pace al Convegno promosso dal Forum delle Associazioni il 1 giugno 2007 su “Democrazia e partecipazione” e costituisce il prologo ad una serie di proposte che l’Associazione “Franco Venturi” si appresta a presentare nell’ambito della Commissione per la riforma dello Statuto e che verranno a breve pubblicate su questo blog.

Tutti concordiamo sul fatto che con la parola "democrazia" si vuole indicare una delle possibili forme di organizzazione della vita sociale.
Tutti concordiamo, altresì, sul suo significato letterale: “potere del popolo”. Quando però se ne vuole definire l’essenza si manifestano delle differenze.
A me piace ricordare che uno dei più grandi studiosi del concetto di democrazia, che è stato indubbiamente Norberto Bobbio, soleva dire che il sinonimo più antico di democrazia è isonomia che significa, letteralmente, “eguaglianza di legge”.
Si tratta della eguaglianza che deve essere garantita nella partecipazione alle discussioni ed alle decisioni che interessano una data collettività; cioè del potere di partecipare e di pesare tutti nella stessa maniera nel processo di discussione e di deliberazione delle decisioni collettive.
Se quanto abbiamo appena detto è vero, la naturale conclusione è che quanta più gente riusciamo a far partecipare ai processi di formazione delle decisioni collettive tanto più siamo democratici; quanti più istituti di partecipazione popolare riusciamo a prevedere e ad attivare tanto più siamo democratici.
Questo Forum che coinvolge tante associazioni è sicuramente uno dei momenti di partecipazione democratica e, come ha proposto Beatrice Gianturco, sarebbe bene istituzionalizzarlo inserendolo tra gli argomenti della riforma dello Statuto Comunale e tra gli istituti di partecipazione dallo stesso previsti.
Ma, se per democrazia dobbiamo intendere “quella forma di organizzazione politica, quella forma di convivenza (o, in senso classico, quella forma di governo) in cui tutti i destinatari delle decisioni collettive hanno egual diritto-potere di partecipare alla formazione delle decisioni collettive medesime”(1), vediamo sommariamente quali istituti ha previsto lo Statuto del Comune di Avigliano per favorire la partecipazione.
E’ opportuno che faccia preliminarmente rilevare la collocazione materiale nello Statuto degli articoli riguardanti gli istituti di partecipazione. Questi sono inseriti appena dopo i primi quattro articoli sulle “Disposizioni Generali” e ciò, per chi ha elaborato ed approvato lo Statuto, non è stato un fatto casuale, ma un segnale politico di chiara e facile lettura: il Comune di Avigliano, nella “carta fondamentale della comunità aviglianese”, ha messo al primo posto la partecipazione popolare.
Gli istituti di partecipazione sono disciplinati dagli articoli dal 5 al 13 dello Statuto. In questi articoli sono previste le forme più varie di partecipazione: dalla valorizzazione del ruolo delle associazioni con l’istituzione dell’Albo delle forme associative, alla istituzione di Consulte permanenti (artt. 5 e 6 dello Statuto); dalla promozione del Comitato delle frazioni decentrate,“in considerazione della peculiare distribuzione della popolazione sul territorio” (art. 7 dello Statuto), alla previsione del referendum consultivo (art. 11 dello Statuto); dalla consultazione dei cittadini, anche su singole materie, alla previsione del Difensore Civico (artt. 12 e 13 dello Statuto).
E’ necessario tener presente che la maggior parte dei predetti istituti per poter funzionare ha ancora oggi bisogno della emanazione di un Regolamento; come è altresì necessario tener presente che le intervenute modifiche della legislazione nazionale consentono la possibilità di prevedere ulteriori e più incisivi istituti di partecipazione popolare.
Uno degli istituti che si potrebbe oggi inserire nello Statuto è sicuramente il Referendum abrogativo; tale Referendum si sarebbe potuto utilizzare, ad esempio, ieri, su argomenti come l’installazione delle pale eoliche e la realizzazione dei parcheggi, oggi, sul progetto di ampliamento del cimitero di Avigliano centro.
Ma, sull’argomento referendum, ci si potrebbe sbizzarrire a prevedere oltre a quello abrogativo anche quello propositivo e quello abrogativo-propositivo.
Poiché ritengo che l’unico antidoto capace di arginare lo strapotere dei partiti sia proprio la partecipazione dei cittadini, nella Associazione Franco Venturi, di cui mi onoro di far parte, in vista della riforma dello Statuto Comunale abbiamo iniziato a discutere della introduzione di ulteriori strumenti di partecipazione diretta dei cittadini.
Tra quelli che abbiamo individuato segnalo le elezioni primarie: si tratterebbe cioè di introdurre nello Statuto una normativa per promuovere l’adesione dei partiti o delle coalizioni di partiti alla designazione dei candidati attraverso le elezioni primarie. Sono esperienze già fatte positivamente in altri Comuni, come ad esempio quello di Peccioli in provincia di Pisa.

(1) Così Michelangelo Bovero, allievo di Bobbio, in “Il concetto di democrazia. Per una ridefinizione radicale”, Il Ponte, febbraio 2003.
(continua a leggere l'articolo...)