martedì 1 giugno 2010

Noterelle sul federalismo all'italiana

In occasione della Festa nazionale della Repubblica pubblichiamo una interessante riflessione dell'avvocato Mimì Pace su uno dei temi cruciali su cui discute e si appresta a legiferare la politica italiana: il federalismo.
Tema scivoloso e molto spesso strumentalizzato, si configura - tuttavia - come minaccia o opportunità a seconda delle letture che di esso voglia farsi.
In ogni caso, l'avvocato Pace cerca di chiarire meglio i termini della questione illustrando confronti, analogie e differenze con gli altri Stati che hanno adottato questo modello di Stato.


Premessa

Franco Venturi è stato tra i fondatori del Movimento Federalista Europeo. E’, pertanto, del tutto naturale che il sito dell’associazione che porta il suo nome ospiti un testo pensato come tentativo di informazione sul federalismo ed, in particolare, sulla riforma “federale” dello Stato italiano.

Non è accettabile che, in un Paese dove tutti i partiti si dichiarano favorevoli al federalismo, dove è in corso un processo di riforma federale dello Stato che nei prossimi mesi prenderà forma e sostanza e forse, nel tempo, cambierà i rapporti tra cittadino ed istituzioni, se ne parli solo per slogan ed in maniera confusa ed approssimativa.

La complessità del discorso mi obbliga ad intervenire sull’argomento sia per un inquadramento storico del federalismo, con riferimento alle esperienze di Stati federali effettivamente operanti nel mondo (sarà l’oggetto del presente testo), sia per una informazione più puntuale sul federalismo delineato dalla riforma del titolo V della nostra Costituzione e dalla legge delega n. 42/2009 (sarà oggetto di un successivo scritto).

Premetto, però, un po’ polemicamente, che se si apre un qualsiasi dizionario italiano, alla voce “federare” si trova attribuito il significato di “unire, aggregare”.

Nella storia, in effetti, lo Stato Federale nasce per unire, per aggregare, e ciò è con evidenza sintetizzato nel simbolo dello Stato Federale moderno per eccellenza, gli Stati Uniti di America, che ha impresso il motto “E PLURIBUS UNUM”: da molti, uno.


Lo Stato Federale e la Confederazione di Stati. Differenze

Si suole far nascere lo Stato Federale moderno con la fondazione, nel 1787, della Federazione degli Stati Uniti d’America.

Le colonie che vinsero la guerra contro la madre patria e che avevano in un primo tempo dato forma ad una confederazione, diedero vita alla federazione, passando da una situazione di Stati sovrani che avevano stipulato un accordo per regolare delle materie di interesse comune (confederazione) alla creazione di una federazione che “è l’atto di sovranità di un popolo tutto intero, il quale crea un nuovo stato, gli dà una costituzione e lo sovrappone, in una sfera più ampia, agli stati antichi” (L. Einaudi).

Sottolineo che nella confederazione, gli Stati che la compongono, continuano a rimanere pienamente sovrani; con la creazione dello Stato federale, invece, il singolo Stato rinuncia alla sovranità o ad una parte di essa che viene, pertanto, trasferita allo Stato federale.

Confesso che, essendo queste differenze abbastanza facili da comprendere, ho sempre pensato, specie nel periodo in cui il dibattito su questi argomenti era condotto dal prof. Gianfranco Miglio, che la confusione e la distorsione di significato del termine federalismo fosse in parte voluta.

Ho sempre pensato, cioè, che il partito che più di tutti diceva e dice di volere il federalismo pensa in realtà ad una forma di confederazione di Stati e, sostenendo un percorso esattamente contrario alla storia ed al motto “E PLURIBUS UNUM” scritto sul simbolo degli Stati Uniti d’America, vuole dividere lo Stato unitario per farne più di uno. Qualche anno fa, in un testo significativamente intitolato “Il falso federalismo”, Antonio Iannello, combattivo e valente studioso meridionale, ha scritto: “questo termine così come è utilizzato oggi nel dibattito politico italiano, non ha più alcun legame con il suo significato originario: il federalismo è divenuto sinonimo di disgregazione, separazione, divisione e, addirittura, secessione”.


Le esperienze storiche di Stati federali e regionali

Sembrerebbe che l’unica esperienza storica che abbia sino ad ora trasformato uno Stato unitario in Stato federale sia quella che ha interessato il Belgio. Altri esempi di Stati che da unitari si sono trasformati in federali sembra non ve ne siano.

Vi sono, invece, diversi esempi di Stati unitari che si sono trasformati in Stati regionali o che, da Stati unitari centralizzati, hanno dato vita a disparate forme di autonomie locali.

Ma quali sono le differenze che caratterizzano lo Stato federale e lo Stato regionale?

Secondo parte della dottrina, gli Stati membri dello stato federale continuerebbero ad essere stati sovrani o a conservare almeno parte della sovranità che non verrebbe ceduta nella sua interezza dal singolo Stato allo Stato federale al momento della sua formazione; secondo un’altra parte della dottrina la differenza sarebbe nella quantità di autonomia che gli Stati membri dello Stato federale avrebbero rispetto a quella delle regioni che compongono lo Stato unitario. Secondo quest’ultima teoria lo Stato membro della federazione sarebbe dotato non di sovranità ma solo di una maggiore autonomia rispetto a quella delle regioni che compongono lo Stato unitario. Pur essendovi una sostanziale differenza tra Stato federale e Stato regionale nella maggior parte degli Stati regionali sarebbero presenti germi di federalismo.


Federalismo e democrazia – Federalismo e fisco

Il dibattito sul federalismo, in Italia, ruota attorno a due argomenti fondamentali: quello di una maggiore partecipazione democratica e quello del cosiddetto federalismo fiscale.

Solitamente, in Italia, si associa il federalismo ad una maggiore partecipazione democratica e ad una maggiore efficienza della pubblica amministrazione e della macchina amministrativa.

Le esperienze storiche ci dicono che la scelta del modello di Stato federale non ha necessariamente significato maggiore democrazia. Se si escludono gli Stati Uniti d’America e si pensa agli altri esempi di Stati federali delle Americhe (Argentina e Brasile), difficilmente si potrà sostenere che il federalismo abbia automaticamente significato maggiore democrazia e maggiore partecipazione popolare.

Lo Stato centralista o con poco decentramento di poteri non ha comportato, necessariamente, nella esperienza storica ed in particolare in quella dei Paesi europei, inefficienza della pubblica amministrazione. Se si pensa a Stati centralisti come la Francia e la Gran Bretagna difficilmente si potrà sostenere che centralismo ed inefficienza della pubblica amministrazione vanno a braccetto o che si generano o alimentano a vicenda. Si tratta, al contrario, di Stati la cui pubblica amministrazione, da lungo tempo, è emulata da altri Paesi per la loro efficienza e ciò è ancor più vero se ci riferiamo ai Paesi dell’Europa del Nord, Svezia, Norvegia, Finlandia, la cui pubblica amministrazione è ritenuta tra le più efficienti ed incorrotte del mondo.

Anche l’accostamento tra federalismo e decentramento fiscale, strettamente associato nel dibattito politico italiano, non ha riscontri storici concreti.

E’ una favola tutta italiana quella che ci racconta che con il federalismo le imposte e le tasse rimangono per la maggior quantità nei territori che le hanno pagate: le esperienze storiche in genere e in particolare quella degli Stati Uniti d’America, che viene per lo più presa ad esempio, ci dicono esattamente il contrario.

Dicevano i federalisti americani che lo Stato, se non conserva la piena sovranità in materia fiscale, diventa “un puro nome”, diventa cioè assolutamente impotente. E, per sancire tali principi, nella Costituzione americana è scritto, in maniera chiara ed inequivoca, che il Congresso, cioè lo Stato Federale, “avrà il potere: di imporre e percepire tasse, diritti, imposte e dazi ….Nessuno Stato potrà, senza il consenso del Congresso, stabilire imposte o diritti … e il gettito netto di tutti i diritti e di tutte le contribuzioni…sarà a disposizione della tesoreria degli Stati Uniti; e tutte le leggi relative saranno soggette a revisione e a controllo da parte del Congresso” (stralci dall’art. 1 della Costituzione degli Stati Uniti d’America).

Come si evince dall’art. 1 della Costituzione degli Stati Uniti d’America, il federalismo, relativamente all’aspetto fiscale, tende decisamente verso il centralismo.

Vi è, invece, in Italia, qualche proposta che prevede una trattenuta del prelievo fiscale a favore del territorio pari al 70%! Piero Giarda, in un saggio dal titolo Regioni e federalismo fiscale rilevava che, nella storia del pensiero economico finanziario, il termine “federalismo fiscale” nasce come reazione “all’eccesso di localismo e all’eccesso di differenze tra enti locali e tra Stati esistenti in uno Stato federale. Afferma una esigenza di uniformità e di centralizzazione rispetto all’eccesso di differenziazione e di decentramento storicamente determinato in una società”.

avv. Mimì Pace

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